Il tumore del rene è una patologia che può essere affrontata mediante diverse strategie chirurgiche. In base alla dimensione e alla posizione della massa tumorale e in relazione all’esperienza del chirurgo in alcuni casi è possibile ricorrere a una chirurgia conservativa (con l’asportazione solo di una parte del rene e non di tutto l’organo) e minimamente invasiva.
Ne abbiamo parlato con il Professor Richard Naspro, specialista in Urologia e dal 2021 Direttore della Struttura Complessa di Urologia del Policlinico San Matteo di Pavia.
Professor Naspro, nell’ambito della chirurgia oncologica renale Lei si avvale della chirurgia definita “minimamente invasiva”. Che cosa si intende e quali tecniche mininvasive utilizza?
Con il termine mininvasivo si intende non solo una dimensione ridotta dell’incisione chirurgica, ma anche una chirurgia più precisa che riduce l’impatto sul paziente, consentendogli un ritorno più rapido alle attività della vita quotidiana.
Per l’approccio alle patologie tumorali renali è possibile avvalersi di diverse tecniche mininvasive: la laparoscopia, la chirurgia robotica (chirurgia laparoscopica robot-assistita), la termoablazione e la crioablazione.
Un centro di riferimento deve essere in grado di scegliere tra questo ventaglio di opzioni la strategia più idonea nel singolo caso, in base alle caratteristiche del tumore e alle condizioni e comorbidità (ossia la presenza contemporanea di altre patologie) del paziente stesso.
Oggi la maggior parte dei pazienti con tumore al rene viene operata per via laparoscopica; ci può spiegare in cosa consiste questa procedura?
La via laparoscopica rappresenta effettivamente la prima scelta per il trattamento chirurgico del tumore al rene.
In questo tipo di procedura l’accesso alla cavità addominale avviene mediante dei piccoli fori attraverso i quali vengono inseriti una telecamera e gli strumenti chirurgici necessari per eseguire l’intervento.
La magnificazione, ossia la capacità di ingrandimento della telecamera, e le dimensioni ridotte degli strumenti si traducono in una grande precisione e accuratezza del gesto chirurgico di rimozione della massa tumorale (o, quando necessario, di tutto il rene).
Il minor sanguinamento e il ridotto trauma chirurgico rispetto alle tecniche tradizionali consentono al paziente una riduzione delle complicanze post-operatorie.
Nei casi più complessi può essere utile il ricorso alla chirurgia laparoscopica robot-assistita. In questo caso il robot è uno strumento facilitatore del gesto chirurgico, che permette di eseguire l’intervento con accuratezza e precisione superiori sia alla chirurgia tradizionale a cielo aperto, sia alla laparoscopia non robot-assistita.
Tra le tecniche mininvasive ha citato anche la crioablazione e la termoablazione. Di cosa si tratta?
Crioablazione e termoablazione sono due tecniche ultraconservative che offrono una strategia alternativa all’asportazione del tumore in casi selezionati, per esempio nei pazienti con masse tumorali molto piccole o in presenza di comorbidità.
Si tratta di tecniche minimamente invasive in cui la massa tumorale non viene asportata ma, sotto guida ecografica o di una TAC, raggiunta mediante uno specifico ago e congelata (crioablazione) o bruciata (termoablazione).
Quali sono per il paziente i vantaggi delle tecniche chirurgiche mininvasive rispetto a quelle tradizionali?
A parità di risultati in termini di efficacia oncologica, le tecniche mininvasive presentano una serie di vantaggi per il paziente rispetto all’intervento tradizionale a cielo aperto.
In particolare, la chirurgia mininvasiva determina sia una consistente riduzione del dolore postoperatorio, e quindi della necessità di assunzione di farmaci antidolorifici, sia un ridotto sanguinamento, che comporta una minor necessità di trasfusioni.
Ma c’è di più: il minor impatto chirurgico delle tecniche mininvasive si traduce in una mobilizzazione più precoce del paziente, con una degenza ospedaliera più breve e un ritorno più veloce alle attività di tutti i giorni.
Quali sono i criteri che guidano la scelta della strategia chirurgica?
La scelta dell’approccio chirurgico alla patologia tumorale renale deve essere effettuata in funzione del paziente e della fase della malattia oncologica.
Questo è un punto cruciale: non è il paziente che deve adattarsi a una specifica tecnica chirurgica, ma la tecnica chirurgica deve essere sempre definita in funzione del singolo paziente.
Il nostro team multidisciplinare discute ogni caso per delineare la strategia migliore in termini oncologici e, quando possibile, meno invasiva per il paziente. Nei tumori in stadio avanzato, per garantire l’efficacia oncologica talvolta può essere infatti necessario ricorrere alla chirurgia a cielo aperto, con un’incisione più ampia e una degenza più lunga.
L’approccio multidisciplinare è basilare nella gestione di un paziente con tumore al rene. Quali sono le figure coinvolte nel team?
L’approccio multidisciplinare e il confronto tra diversi specialisti è fondamentale in tutto il percorso diagnostico-terapeutico: innanzitutto per una diagnosi accurata e tempestiva, e poi per l’elaborazione della strategia terapeutica migliore, in relazione non solo allo stadio del tumore ma anche alle caratteristiche individuali (età, condizioni generali e stato nutrizionale, comorbilità ecc.) di ciascun paziente.
In particolare, il team multidisciplinare in cui opero presso il Policlinico San Matteo di Pavia è costituito da oncologi esperti in tumore del rene, da radiologi e radiologi interventisti (questi ultimi deputati a effettuare l’ablazione quando necessaria), da patologi, nutrizionisti, urologi e case manager.
Professore, ci può spiegare chi è il case manager?
Il case manager è una figura innovativa che ha rivoluzionato la gestione dei nostri pazienti. Il nostro gruppo multidisciplinare prende in carico il paziente lungo tutto il percorso di cura e un ruolo chiave in questo senso è svolto proprio dal case manager.
Si tratta infatti di una figura infermieristica specializzata che supporta il paziente in tutte le fasi della malattia, accompagnandolo nel percorso diagnostico-terapeutico, organizzando il follow-up, le prenotazioni degli esami e le visite di controllo, anche dopo l’intervento.
La mia raccomandazione finale ai pazienti con tumore al rene è rivolgersi a Centri di riferimento ad alto volume, altamente specializzati, con un team multidisciplinare in grado di valutare a 360 gradi la situazione e offrire loro ciò di cui effettivamente hanno bisogno.